Patologie

Calcolosi della colecisti

Che cos’è la calcolosi della colecisti?

La colecisti (cistifellea) è un organo posto nel quadrante addominale superiore destro, nella parte inferiore del fegato. È responsabile della concentrazione, dell’immagazzinamento e del rilascio della bile nel tratto gastrointestinale con l’obiettivo di facilitare l’assorbimento dei lipidi e di alcune vitamine.

La colelitiasi, ovvero la presenza di calcoli biliari, è la malattia più comune a carico della colecisti.

Si tratta di una malattia frequente, presente nel 10-20% della popolazione adulta con alcune differenze tra diverse popolazioni. più comune nelle donne in particolare dopo gravidanze multiple, nei pazienti obesi o che hanno avuto importanti cali ponderali.

I calcoli della della colecisti sono delle formazioni dure, di dimensioni variabili da pochi millimetri (microlitiasi) a qualche centimetro, all’interno della colecisti, possono essere pochi (o uno solo) oppure essere molto numerosi fino a riempirla completamente.

Quali sono le cause della calcolosi della colecisti?

La formazione di calcoli biliari è legata alle concentrazioni relative e alla solubilità dei contenuti della bile, colesterolo in primis.

Ci sono 2 tipi fondamentali di calcoli: calcoli di colesterolo e calcoli pigmentati.

I calcoli di colesterolo rappresentano circa il 70% dei casi dei Paesi Occidentali.

La nascita è dovuta a più di una causa e la formazione avviene in 3 stadi:

  • saturazione del colesterolo;
  • nucleazione;
  • formazione dei calcoli.

Requisito essenziale è che il fegato del  paziente produca una bile satura in colesterolo.

Il mantenimento del colesterolo nella bile dipende dall’equilibrio con alcuni fattori quali i sali biliari e i fosfolipidi. Se questo equilibrio si rompe, si produce una bile satura in colesterolo che rappresenta il fattore favorente la precipitazione del colesterolo stesso. Il successivo passo consiste nella formazione, da minuti cristalli di colesterolo, di agglomerati più grandi, già visibili ad occhio nudo. A questo punto, la formazione di calcoli veri e propri è inevitabile.

I calcoli pigmentati vengono a loro volta distinti in bruni, associati di solito ad infezioni e di riscontro soprattutto in Asia, e neri, non associati ad infezioni biliare (di comune riscontro nei pazienti con concomitanti malattie del sangue o cirrotici e presenti solo nella colecisti). La matrice di questi calcoli è rappresentata da bilirubina non coniugata che si combina e precipita con il calcio a formare bilirubinati di calcio.

Quali sono i sintomi della calcolosi della colecisti?

La colelitiasi può essere asintomatica o sintomatica.

Nei pazienti asintomatici in genere è nota la presenza di calcoli biliari, che molto spesso vengono rilevati per caso nel corso dell’esecuzione di altri esami come l’ecografia dell’addome, ma senza che questi diano segno di sé con sintomi associati.

In altri casi, con una frequenza difficilmente stimabile, i calcoli possono causare sintomi o complicanze anche severe

I quadri clinici più comuni sono:

  • colica biliare
  • colecistite acuta più o meno grave fino all’empiema della colecisti

Possibili complicanze sono: la coledocolitiasi (il passaggio dei calcoli nella via biliare principale), la colangite (l’infezione della bile) e la pancreatite acuta.

La “colica” biliare si distingue per:

  • la sua localizzazione (generalmente all’epigastrio, la zona al di sotto dello sterno, e solo nel 30% dei casi all’ipocondrio destro, il fianco destro)
  • la durata (da 30 minuti a 3 ore)
  • l’intensità

e può essere associata a nausea e a vomito. Il dolore ha intensità massima nella regione epigastrica (la zona al di sotto dello sterno), con una irradiazione verso l’ipocondrio destro nel 30% dei casi ed un’irradiazione verso la schiena nel 6%; solo in una percentuale poco superiore al 10% la sede del dolore ‚ esclusivamente l’ipocondrio destro.

La colecistite acuta è determinata dall’infiammazione e infezione della colecisti di entità variabile, fino alla colecistite gangrenosa cioè con la parete della colecisti che va incontro alla necrosi ischemica e alla possibile perforazione con peritonite da passaggio di bile nel peritoneo (coleperitoneo).

Una complicazione della colecistite può essere l’empiema della colecisti ovvero quando la bile all’interno della colecisti si infetta e viene colonizzata da batteri diventando pus oltre all’infezione e infiammazione della parete della colecisti, in questo caso l’intervento è necessario al più presto.

L’idrope della colecisti provoca dolore da distensione della colecisti stessa per ostruzione del dotto cistico, cioè quando un calcolo si incunea nello sbocco della colecisti impedendone lo svuotamento e quindi ne provoca la distensione. In questi casi la colecisti è molto distesa provocando dolore e la bile contenuta per modificazioni della sua concentrazione diventa quasi trasparente perdendo il suo colore verde.

 

Le complicanze

La coledocolitiasi (il passaggio dei calcoli nella via biliare principale): l’ittero è la colorazione gialla della cute ed è causata dal passaggio di un calcolo dalla colecisti nel coledoco, cioè il canale che porta la bile proveniente dal fegato e che sbuca nel duodeno (primo tratto digestivo dopo lo stomaco). Il coledoco viene pertanto ostruito e viene impedito il deflusso della bile che pertanto stravasa nel sangue determinando la tipica colorazione gialla della cute. Questo sintomo è grave perché è un campanello d’allarme che il calcolo potrebbe ostruire anche il dotto pancreatico portando ad una pancreatite. In ogni caso l’ostruzione del coledoco anche senza provocare pancreatite è una condizione grave perché il fegato che non riesce a scaricare la bile nell’intestino può subire danni gravi fino all’insufficienza epatica e alla morte.

La pancreatite acuta è l’infiammazione del pancreas dovuta all’ostruzione da calcoli o fango biliare della via biliare e del dotto pancreatico che causa l’autodigestione del pancreas da attivazione degli enzimi pancreatici dentro al pancreas stesso e non all’interno dell’intestino come avviene usualmente. E’ una malattia molto grave con una mortalità variabile a seconda dell’entità dell’infiammazione.

E’ la complicazione più grave che può essere causata dalla calcolosi della colecisti.

Come si effettua la diagnosi?

L’ecografia è l’esame d’elezione per la diagnosi e consente di valutare la colelitiasi e le strutture anatomiche associate, per esempio lo spessore delle pareti della colecisti e la dimensione delle vie biliari.

La TC (tomografia computerizzata) non rappresenta una metodica di scelta per questi problemi, se non in particolari situazioni d’urgenza, mentre la risonanza magnetica delle vie biliari (colangio RMN) è un ottimo esame per riconoscere la presenza di calcoli in particolare nella via biliare (coledoco); è riservato a casi selezionati e per la diagnosi della calcolosi della via biliare principale.

Nella diagnostica è indispensabile eseguire gli esami ematochimici per verificare la quantità di globuli bianchi (se sono elevati è indice di infezione, cioè di colecistite o colangite), bilirubina totale e diretta, fosfatasi alcalina, GGT, transaminasi e enzimi pancreatici anche se non sono indicativi di calcolosi biliare ma servono per un corretto inquadramento diagnostico e per suggerire eventuali approfondimenti con colangio RMN.

Un esame particolare con indicazioni specifiche è L’ERCP (colangiopancreatografia endoscopica retrograda), cioè una particolare gastroscopia in cui si raggiunge la papilla duodenale e la si incannula con un catetere, si inietta mezzo di contrasto e si fa una radiografia per vedere si ci sono calcoli nella via biliare (cioè il “tubo” di connessione tra fegato e duodeno) o altri problemi (restringimenti di tipo infiammatorio o neoplastico). Se necessario si può eseguire anche la asportazione dei calcoli e/o il posizionamento di endoprotesi o stent (tubi di plastica o metallici per far defluire la bile). Questa metodica viene eseguita iniettando per via endovenosa un sedativo; può anche essere eseguita in sala operatoria durante l’intervento chirurgico. E’ una metodica invasiva che viene eseguita se c’è la certezza o un fondato sospetto di calcolosi della via biliare o di altri problemi.

Trattamento

In genere, nei pazienti asintomatici l’approccio è conservativo: si procede dunque a un’osservazione clinica nel tempo, per esempio mediante esami di imaging.

La terapia non chirurgica per il trattamento dei calcoli biliari può essere effettuata con agenti di dissoluzione, come l’ursodiolo; una classe di farmaci in grado di “sciogliere” i calcoli biliari, diminuendo la sintesi del colesterolo e la quantità secreta, riducendone così la saturazione nella bile.

Si procede a colecistectomia, rimozione completa della colecisti, in caso di:

  • Presenza di “sludge” o microcalcoli;
  • Comparsa di coliche biliari;
  • Anemie emolitiche croniche;
  • Obesi con rapido calo ponderale dopo la chirurgia bariatrica;
  • Polipi > 10 mm;
  • Pazienti con colelitiasi che si sottopongono a chirurgia addominale per altro motivo (comparsa di sintomatologia nel 20% dei casi nei 5 anni successivi all’intervento).

La colecistectomia è la procedura addominale più comunemente eseguita nei paesi Occidentali.

Alla colecistectomia con tecnica aperta si è affiancata dalla fine degli anni ’80 la colecistectomia laparoscopica, che ha rappresentato una vera e propria rivoluzione nel trattamento dei calcoli biliari. Da anni, questa tecnica è il trattamento d’elezione in presenza di calcoli biliari sintomatici.

In rapporto alla colecistectomia convenzionale, la colecistectomia laparoscopica offre il grande vantaggio di ridurre il dolore postoperatorio ed il periodo di convalescenza, di abolire l’ileo paralitico, senza incrementi nella mortalità o nella morbilità. I problemi estetici legati alla cicatrice laparotomica sono assai ridotti. Il rischio di lesioni alla via biliare principale è sostanzialmente sovrapponibile a quello presente con la tecnica convenzionale.

La tecnica laparoscopica riduce sostanzialmente i costi legati alla degenza ospedaliera ed al recupero fisico postoperatorio.

Resta da sottolineare che i risultati clinici sono comunque influenzati dall’abilità e dall’esperienza del chirurgo che esegue l’intervento. La possibilità di convertire l’intervento da laparoscopico a laparotomico ‚ intorno al 2-10% e non rappresenta un insuccesso della tecnica, ma deve riflettere il risultato della valutazione chirurgica intraoperatoria. Inoltre, all’inizio dell’esperienza (“learning curve”), è stato riportato un aumento d’incidenza rispetto alla via tradizionale di complicanze legate a lesioni iatrogene della via biliare.

La colecistectomia laparoscopica è più problematica in corso di colecistite acuta o in presenza di aderenze per interventi pregressi sull’addome superiore; queste condizioni, se non rappresentano delle controindicazioni assolute all’intervento, impongono una maggiore prudenza ed una particolare esperienza del chirurgo. Diverse strategie combinate fra colecistectomia laparoscopica ed estrazione endoscopica vengono eseguite con successo nei pazienti con calcolosi della via biliare principale. Le uniche controindicazioni reali sono rappresentate dall’ipertensione portale, dalle fistole bilio-biliari, dal sospetto del carcinoma della colecisti. La tecnica laparoscopica ha ormai assunto un ruolo preponderante nel trattamento della litiasi colecistica ‚ da considerarsi oggi l’intervento di prima scelta nella litiasi sintomatica non complicata.